Le prime dieci o venti righe della prima pagina sono il passo decisivo che invoglia il lettore ad acquistare un libro. Per questo motivo l’incipit è uno dei mostri più temuti da chi scrive (e tra gli errori più comuni).
Il termine deriva dal latino incipĕre, «incominciare», e indica le prime righe di un romanzo. Come anticipato, oggi l’incipit è un elemento che influisce in modo non indifferente sulla lettura, ma quando ha cominciato ad avere importanza?
Prima del Settecento non veniva attribuito alcun valore all’inizio dei libri, non esisteva la concorrenza e quindi non servivano strategie per attirare il lettore. I primi romanzi erano preceduti da lunghe dediche al mecenate, invocazioni alle Muse e a Nostro Signore, dichiarazioni d’intenti e da lunghi preamboli con la funzione di chiarire la cornice, le motivazioni politiche e gli antefatti della vicenda.
Nel Settecento i romanzi si aprono con la condizione sociale del protagonista, come I viaggi di Gulliver, Moll Flanders, David Copperfield, per poi differenziarsi e arricchirsi nell’Ottocento con l’introduzione delle descrizioni accanto alla genealogia del personaggio (I promessi sposi o I tre moschettieri), o con affermazioni che ricalcano convinzioni sociali o esprimono il punto di vista del narratore (Orgoglio e Pregiudizio e Anna Karenina). Con lo sviluppo della stampa, l’aumento dei lettori e la diffusione di mezzi di comunicazione più istantanei, per i libri inizia la lotta per l’attenzione. Di conseguenza gli attacchi letterari diventano più brevi e violenti per adattarsi all’età industriale.
Nel Novecento fioriscono gli incipit in media res, “nel vivo dell’azione”: la sfida è ormai quella di catturare l’attenzione del lettore dato il numero dei libri pubblicati. Questo tipo di inizio non cancella naturalmente tutti gli altri tipi già in circolazione, anzi.
Per concludere questa breve incursione storica, potremmo affermare che l’incipit è un problema moderno che nasce quando i libri cominciano a competere tra loro e con altri mezzi. Un falso problema, aggiungerei, perché in fondo la bellezza di un inizio non cambia il giudizio che si ha su un romanzo.
Ora, passiamo finalmente all’atto pratico. Quali sono gli errori da evitare?
Scrivere bene un inizio è tanto importante quanto difficile, perciò riporto alcuni brevi consigli che possono essere d’aiuto a chi scrive, fermo restando che la scrittura non è una scienza esatta e a renderla prodigiosa sono l’attitudine e la lettura di opere di grandi scrittori.
L’incipit deve, prima di tutto, suscitare curiosità e coinvolgimento. Perciò vanno evitate:
- le anticipazioni di quello che accadrà nella storia;
- le descrizioni minuziose dei personaggi, cioè vita morte e miracoli;
- le disgressioni manzoniane.
C’è questa tendenza, infatti, a considerare l’incipit un mero espediente per iniziare la storia, anziché pensare a racchiudervi la promessa di ciò che verrà. Ed ecco che nascono i cliché: i risvegli con la luce che penetra dalle fessure delle persiane o le notti buie e tempestose. Non sono un errore ma ne hanno abusato in troppi che ormai, appena se ne vede uno, si prova soltanto rigetto.
Per darvi un’idea di come dovrebbe essere un incipit efficace, ho raggruppato quattro inizi delle letture più recenti (e che vi consiglio):
«Sono nata in mezzo al Tevere, sulla barca-vongola di pietra tra le due anse che abbracciano l’Isola Tiberina: la testa rivolta ovest, verso il tramonto quasi invernale di Fiumicino; i piedi puntati verso l’Adriatico, sulla direttiva dell’autostrada A24 Roma-L’Aquila, aperta proprio in quei giorni in alcuni suoi tratti. L’ho fatto – questo famoso venire al mondo – come scivolando via con la corrente del fiume, dopo chilometri di asfalto di fianco e ortensie lungo i guardrail.» Stradario aggiornato di tutti i miei baci, Daniela Ranieri
«Al mattino la speranza c’era. Si posava come un effimero bagliore sui capelli neri e lisci di mia madre, che io non ho mai osato toccare, e si stendeva sulla mia lingua insieme allo zucchero del semolino tiepido che mangiavo lentamente, mentre osservavo le sue mani affusolate, ripiegate l’una sull’altra, immobili sul giornale che parlava dell’influenza spagnola e del Trattato di Versailles.» Infanzia, Tove Ditlevsen
«Mi chiamo Daniel Russel, e sogno acque nere. Il mio primo ricordo di Moon Lake risale a quando ero ragazzo, in una notte buia dell’ottobre del 1968, in cui la luna quasi piena sembrava fluttuare sulla superficie dell’acqua. Ricordo il bagliore e il modo in cui le ombre degli alberi si allungavano sulla riva del lago, come dita di cioccolato che brancolavano in cerca di un piatto d’argento.» Moon Lake, Joe R. Lansdale
«Innocente e disperata, un’altra luna è sorta sullo Stretto. Sale sui cumulonembi adagiati sopra le due coste, punta la falce tra gli orli di terra che sembrano sfiorarsi e lì passerà la notte a parlare con le maree, fino a quando la prima stella del mattino non la scalzerà via.» Trema la notte, Nadia Terranova
Affascinanti, non è vero?
Spero di essere stata utile con questa piccola lezione e vi auguro una buona scrittura!
Mi piace quello che scrivi, e come pensi. Se avrò bisogno ti contatterò. Ciao
Ciao Romina,
grazie tante, è un piacere leggerti. Quando vuoi, ci sarò.
Un caro saluto,
Alice